Tassazione economia digitale: una misura necessaria, ma unitaria
La lotta ai colossi del web genera un cambio di prospettiva per la tassazione dei ricavi esteri: dalla persona alla materia.
La lotta fiscale ai giganti del web continua a smuovere gli animi di organismi e degli Stati interessati. Proviamo a capire insieme cosa sta succedendo in materia di contrasto all’evasione fiscale delle web companies, e non solo.
I colossi del web: grandi i guadagni, pochi i versamenti
Iniziamo proprio dai giganti del web, i colossi del commercio digitale che hanno dato una grande scossa all’economia mondiale. Si tratta di ben 15 compagnie tra cui: Amazon, Microsoft, Facebook, Alibaba ed Apple. Il ricco fatturato di questi colossi è frutto di operazioni di vendita svolte sia nel territorio in cui risiede la loro stabile organizzazione sia in altri mercati esteri. Società perlopiù americane che beneficiano di un sistema di tassazione che impone loro il pagamento delle tasse solo per i ricavi generati nel paese di residenza aziendale.
Parliamo di un ricavo che, solo in Italia, è pari a circa 2,5 miliardi di euro l’anno a cui corrisponde un gettito fiscale che nel 2018 è di soli 64 milioni di euro (il 2,7 % dei ricavi maturati).
Perché le tasse per i ricavi nostrani non arrivano nelle tasche dello Stato italiano?
Per diversi fattori:
- Lo spostamento di parte dei ricavi maturati nel territorio italiano in altri paesi a regime fiscale agevolato con aliquote più basse
- Cash pooling: una forma di cash management che permette di gestire la liquidità di un gruppo effettuando diversi spostamenti finanziari; l’interesse è sempre verso i paesi a tassazione agevolata
- In Italia manca una legge che impone alle società estere il pagamento delle imposte dovute sui ricavi generati nel mercato italiano
È, dunque, in merito a quest’atteggiamento che gli Stati interessati e gli organismi internazionali hanno scelto di agire al fine di favorire un’imposizione fiscale equa e ragionevole.
Web tax italiana: sarà solo una chimera?
Lo Stato italiano con la Legge di bilancio 2019 ha previsto la web tax, una tassa con aliquota del 3% sui ricavi generati da operazioni di vendita sul territorio italiano. Nell’anno corrente la web tax però non è stata applicata a causa della mancata pubblicazione di decreti attuativi ed è stata re-inserita nella Legge di Bilancio 2020.
Il nuovo testo indica non obbligatoria l’emissione di un decreto ministeriale per la sua applicazione e include un comma che ne prevede l’abrogazione in caso di nuove norme da parte degli organismi sovranazionali.
OCSE, Unione Europea ed Entità Nazionali: un sistema condiviso o soluzioni autonome?
La Francia, come l’Italia, sceglie di cominciare a muoversi autonomamente.
Applica, infatti, dallo scorso ottobre, una digital tax sui ricavi delle web companies generati da scambi commerciali in territorio francese. L’aliquota fissata al 3% colpisce le sole aziende che hanno un fatturato superiore ai 750 milioni nel mondo e 25 milioni in Francia.
L’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, da tempo attenta a questo tema, durante il G20 tenutosi a Washington il 17 e il 18 ottobre, ha presentato una valida proposta al fine di arrivare a una soluzione condivisa entro il 2020.
Il documento denominato „Secretariat proposal for a ‚unified approach’ under pillar one” prevede una sola risoluzione da applicare a tutti i paesi membri del Progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting), un progetto volto a contrastare i fenomeni di evasione fiscale delle multinazionali digitali, di evitare lo spostamento delle liquidità in paesi a tassazione agevolata e di contrastare le politiche di pianificazione fiscale aggressiva.
Obiettivi della proposta avanzata dall’OCSE sono:
- Rivedere i principi di transfer pricing
- Rendere l’imposizione fiscale indipendente dalla stabile organizzazione
Ciò che propone l’OCSE è una misura che cambia il nexus: un’imposizione fiscale non più legata all’esistenza di una persona fisica bensì al bene.
La proposta dell’organizzazione mira a tassare, però, non solo le web companies, ma tutte le aziende che maturano ricavi a fronte di vendite effettuate in paesi diversi da cui sussiste la stabile organizzazione, se superata una data soglia di fatturato.
Secondo l’OCSE gli obiettivi fissati possono essere raggiunti attraverso due misure:
- Il pagamento dell’imposta per le attività di marketing e per altro tipo di attività connesse all’uso di strumenti utili ad evitare controversie fra Stati a seguito di doppia imposizione
- Il versamento di una tassa a fronte dei ricavi maturati per le vendite online se superata una data soglia di fatturato
Restano ancora da definire: la soglia di fatturato, i parametri di inclusione e i settori esclusi.
Nel frattempo, cosa propone l’Unione Europea?
L’Unione Europea ha mostrato in diverse occasioni il suo interesse per il tema in questione e afferma che „se per la fine del 2020 non si arriva ad una soluzione globale per una tassazione digitale equa (come proposto dall’OCSE), gli Stati membri dovrebbero agire in via autonoma”.
La Commissione economica dell’UE, attraverso la presidente Irene Tanagli, ha recentemente firmato una risoluzione che approva l’imposizione fiscale per i colossi del web per ricavi maturati in paesi lontani dalla sede stabile aziendale. Queste devono pagare le tasse dovute in ogni Stato in cui generano profitto.
Nella prima parte di novembre il Parlamento Europeo, con 565 voti favorevoli, ha approvato alcune norme incentrate sullo stesso tema di imposizione fiscale affermando che, grazie a questa misura, i paesi membri potrebbero ricavare circa 5 miliardi di euro annui dal gettito fiscale finora perso dal settore del commercio elettronico.
Ricordiamo che il Parlamento Europeo ha solo potere consultivo, bisogna, pertanto, attendere l’esito dell’analisi del Consiglio Europeo.
Quali sono le reazioni dei GAFA?
Finora sono poche le aziende che hanno espresso la loro opinione in merito alle azioni e alle proposte avanzate dagli Stati e dagli organismi internazionali. Amazon, tra tutte, ha affermato di voler aumentare del 3% la commissione a carico di piccole e medie imprese francesi. Di versare già più di quanto dovuto per le tasse italiane e di aver contribuito notevolmente all’economia del nostro paese aprendo numerosi poli logistici e generando molti posti di lavoro.
Invece, in merito alla risoluzione condivisa dell’OCSE, Amazon si esprime favorevole pur di evitare i casi di doppia imposizione fiscale.
Le aziende tecnologiche che fanno parte dell’Information Technology Industry Council, lobby dell’industria digitale, attraverso la vice presidente Jennifer McCloskey, hanno fatto sapere che intendono prevenire ogni tipo di escalation unilaterale.
Tecno Vat: non solo parole
Ci occupiamo di rappresentanza fiscale per tutte le realtà aziendali italiane impegnate nella vendita di beni e/o servizi online ed offline che hanno bisogno di essere rappresentati fiscalmente nei mercati europei.
Visita la pagina dedicata ai nostri servizi per scoprire come possiamo aiutarti a migliorare il rendimento della tua attività e continua a seguirci per scoprire tutte le prossime novità in materia di fiscalità estera.