Quick Fixes per operazioni intracomunitarie: di cosa si tratta e sviluppi normativi
Il 5 novembre 2021 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Lgs. n.192 con cui è attuata la Direttiva n. 2018/1910, meglio nota come Quick Fixes per operazioni intracomunitarie. Cosa prevede e cosa cambia per gli Stati membri? Vediamolo nel dettaglio.
Direttiva Quick Fixes: cos’è?
La Direttiva Quick Fixes intende contrastare le criticità derivanti dalle modalità degli scambi comunitari in vigore prima della sua applicazione. Il principio che regolava le operazioni intracomunitarie prevedeva la tassazione nel Paese di destinazione; è nato come regime transitorio ma negli anni è stata rilevata la sua natura vulnerabile, risultando troppo esposto alle frodi, ecco uno dei motivi che giustifica le modifiche della Direttiva Quick Fixes.
Con la Direttiva Quick Fixes i fornitori non sono più obbligati all’identificazione IVA nello Stato di destinazione del bene.
Quick Fixes: cosa prevede
La Direttiva Quick Fixes ha modificato il Decreto Lgs. 331/1993, introducendo una normativa sulle cessioni a catena realizzate in Ue, sulle operazioni di call of stock e sulla natura sostanziale dell’identificativo IVA del soggetto cessionario. Nello specifico:
- prevede gli articoli 38-ter e 41-bis che disciplinano gli acquisti e le cessioni intracomunitarie effettuate in regime di call of stock; rispettivamente beni spediti dall’Italia e beni spediti da uno Stato membro ad un magazzino situato in un altro Stato Ue, il cui bene è destinato a diventare proprietà di un determinato acquirente;
- prevede il nuovo articolo 41-ter che regola le cessioni a catena;
- modifica l’art. 50 del decreto legge 331/1993 che disciplina gli obblighi relativi agli scambi intracomunitari.
Inoltre, istituisce i registri in cui vanno annotate le cessioni in regime di call of stock e stabilisce come sostanziale la natura dell’identificativo IVA del soggetto cessionario e dei modelli Intrastat.
Call of stock: definizione e novità della Direttiva Quick Fixes
Per le cessioni in regime call of stock la direttiva prevede che sia realizzata una cessione non imponibile nel Paese di partenza e un acquisto intracomunitario imponibile nel Paese di arrivo, evitando così che i fornitori debbano identificarsi ai fini IVA nel Paese in cui è consegnato il bene.
Il regime fiscale agevolato call of stock semplifica gli adempimenti per le operazioni intracomunitarie. Si tratta di un accordo mediante il quale un fornitore comunitario invia i propri beni a un cliente che possiede un magazzino in un altro Paese Ue; il cliente diventa proprietario dello stock nel momento in cui preleva il bene depositato in magazzino.
Ai fini fiscali il call of stock in Italia è equiparato al consignment stock intracomunitario; operazione, questa, che si verifica quando l’acquirente riceve la merce e poi la rivende a terzi.
Operazioni intracomunitarie IVA: come interviene il regime call of stock
Le cessioni in regime call of stock si realizzano solo se le operazioni intracomunitarie rispettano le seguenti condizioni:
- la sede dell’attività economica del fornitore non è localizzata nel Paese Ue in cui sono trasportati i beni; non vi è stabile organizzazione in quel Paese;
- prima di procedere al trasporto il fornitore è a conoscenza del numero di identificazione IVA dell’acquirente e della sua identità;
- i beni sono trasportati tra gli Stati membri; questo permette di escludere dalla semplificazione delle operazioni intracomunitarie, le importazioni, le esportazioni e le cessioni che avvengono all’interno dello stesso Paese Ue.
Cessioni a catena: cosa sono?
Nell’art. 41 ter la Direttiva disciplina le cessioni a catena, cioè quelle operazioni che avvengono mediante un unico trasporto intracomunitario, dal primo cedente all’ultimo acquirente della catena.
Nello specifico viene stabilito quale cessione della catena è qualificabile come cessione intracomunitaria e quindi non è soggetta a IVA; ciò per evitare la doppia imposizione o la non imposizione delle operazioni.
All’interno della catena una sola cessione può essere considerata intracomunitaria, quindi esente da IVA, cioè quella del trasporto.
Cessione a catena: l’operazione non imponibile IVA
L’art. 36-bis della Direttiva definisce i termini in cui un’operazione non è imponibile IVA; si tratta della cessione effettuata nei confronti dell’operatore intermedio, cioè colui che non è primo cedente e neanche ultimo acquirente, ma trasporta i beni direttamente o tramite una terza persona che agisce per conto suo.
Può però verificarsi che l’operatore intermedio comunica al cedente il proprio numero di identificazione IVA assegnatogli dal Paese Ue in cui si è verificato il trasporto. In questo caso la cessione da lui effettuata è considerata operazione non imponibile.
Il comma 3 dell’art. 41 ter chiarisce che quando l’acquisto è effettuato da un operatore intermedio e il bene arriva in Italia, si tratta di acquisto intracomunitario; se l’operatore intermedio comunica al cedente il numero di identificazione IVA è considerato acquisto intracomunitario quello effettuato dall’acquirente dell’operatore intermedio.
Risultano, quindi, territorialmente rilevanti in Italia le cessioni realizzate dal soggetto che effettua l’acquisto intracomunitario e le successive cessioni.
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