Digital tax, digital levy e global minimum tax: le posizioni Ue e dei colossi del web
L’Unione europea svolge un ruolo fondamentale nel processo di adeguamento dei sistemi fiscali alla digitalizzazione. I ministri delle Finanze lavorano in direzione dell’economia digitale, attuando pratiche mirate a rafforzare la cooperazione tra le autorità fiscali degli Stati membri. La creazione di un regime fiscale efficace ed equo nasce dalla necessità di assicurare norme internazionali adatte ai settori economici digitalizzati e a quelli tradizionali.
L’obiettivo principale è contrastare l’evasione delle tasse, soprattutto da parte dei grandi colossi del web, che ricoprono un ruolo importante nell’economia digitale. La digital tax, la digital levy e la global minimum tax fanno la loro comparsa in questo panorama. Vediamolo nel dettaglio.
Ue e trasformazione digitale
La trasformazione digitale apporta benefici ai cittadini e alle imprese, contribuendo a combattere i cambiamenti climatici e a realizzare la transizione verde.
Tra gli obiettivi che l’Ue intende raggiungere mediante la digitalizzazione, vi sono:
- aumentare le responsabilità delle piattaforme on line mediante leggi specifiche sui servizi digitali;
- garantire la concorrenza leale tra le imprese Ue;
- utilizzare la tecnologia al fine di aiutare il Paese a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 (obiettivo fissato nel Green Deal europeo);
- migliorare l’accesso ai dati di qualità, assicurando la protezione dei dati personali e sensibili.
Cos’è la digital tax?
La digital tax è l’imposta sui servizi digitali che spetta ai soggetti passivi che operano a livello internazionale e che:
- hanno realizzato un ammontare complessivo di ricavi non inferiore a 750.000.000 euro;
- hanno realizzato nel territorio dello Stato un ammontare di ricavi derivanti dai servizi digitali non inferiore a 5.500.000 euro.
Questi requisiti devono essere soddisfatti nell’anno solare precedente a quello in cui viene versata la tassa.
La fiscalità digitale riguarda tutte le transazioni commerciali che avvengono tramite internet. Non parliamo solo di e-commerce e vendite on line, ma di tutti i servizi commerciali che si servono delle tecnologie digitali.
Non tutti gli Stati membri hanno lo stesso livello di digitalizzazione o tempi uguali per le procedure burocratiche. L’Italia, ad esempio, è stato uno degli ultimi Paesi ad adeguarsi alle normative Ue per quanto riguarda la tassazione dell’economia digitale.
Digital tax in Italia
In Italia è stato introdotto il pagamento di un’imposta con aliquota pari al 3% del reddito maturato da aziende o fornitori di servizi che utilizzano strumenti e tecnologie digitali. Nello specifico la digital tax si applica alle aziende che hanno i seguenti requisiti:
- il reddito annuo è uguale o superiore a 750 milioni
- i servizi digitali portano un guadagno superiore o uguale a 5,5 milioni
Il reddito annuo non tiene conto solo dei servizi digitali e fa riferimento all’intero anno solare. Sono esclusi dal pagamento della digital tax i seguenti soggetti:
- banche, finanziarie e istituti di credito;
- operatori di telefonia;
- giornali e pubblicazioni on line, chi fornisce servizi di comunicazione (tv e radio);
- siti aziendali relativi alla fornitura di servizi.
Francia e Spagna: come reagiscono alla web tax i colossi del web
In Francia la digital tax è attiva dal 2019. Incide del 3% sul fatturato dei big del mercato digitale; nello specifico riguarda le società con un fatturato globale di 750 milioni di euro e 25 milioni nel territorio francese. A seguito dell’introduzione della web tax, alcuni colossi del web si sono così adeguati:
- Google ha aumentato del 3% le tariffe pubblicitarie sulla sua piattaforma;
- Amazon ha aumentato le tariffe normalmente applicate alle aziende che hanno sede in Francia;
- Apple ha aumentato le commissioni nei confronti degli sviluppatori che vendono app sulla piattaforma in Francia, in Gran Bretagna e in Italia.
Anche la Spagna ha introdotto nuove imposte sui servizi digitali e finanziari (tobin tax), entrate in vigore nel 2021.
La digital tax spagnola ha le stesse modalità di quella francese. La tassa sulle transazioni finanziarie, invece, impone un prelievo dello 0,2% sulle operazioni di acquisto o vendita delle azioni di società con valore di mercato azionario superiore a 1 miliardo di euro.
Digital levy e global minimum tax: cosa sono
La Commissione europea lavora affinché vi sia un’equa tassazione della digital economy.
La digital levy, (prelievo digitale) è la versione europea della digital tax proposta dall’Unione; l’obiettivo è tassare anche le imprese digitali europee, sotto forma di addizionale o imposta.
L’Unione ha recentemente messo da parte l’applicazione della digital levy, per non mettere a rischio l’accordo globale sulla tassazione delle multinazionali.
L’OCSE ha elaborato diverse proposte per adeguare la tassazione a livello globale.
I ministri delle Finanze delle sette potenze mondiali (Francia, Germania, Italia, Canada, Giappone, Stati Uniti e Regno Unito) hanno concordato su un’aliquota minima globale per tassare le multinazionali, denominata global minimum tax. Questa tassa vede finalmente allineati Ue e Usa per il contrasto all’evasione fiscale e alla concorrenza tra gli Stati.
Dal 1° gennaio 2023 i colossi del web con un fatturato superiore ai 20 miliardi di dollari saranno tassati al 15% con la nuova imposizione fiscale; il 20% del ricavato sarà destinato ai Paesi in cui il ricavo è superiore ad un milione di euro o di 250 mila euro nel caso in cui il PIL è inferiore ai 40 miliardi di euro.
La global minimum tax, una volta entrata in vigore, sostituirà la digital tax presente nei diversi Stati membri.
È necessario un continuo aggiornamento sulle norme di fiscalità internazionale, al fine di non commettere errori che possono compromettere la propria attività.
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