Nomina rappresentante fiscale UE: la guida per espandere il tuo business nei paesi più promettenti
Con la nomina del rappresentante fiscale le aziende possono rispettare tutti i vincoli normativi previsti dall’UE e dai singoli governi nazionali in materia di operazioni commerciali con uno Stato estero. Scopri in quali casi bisogna versare l’iva all’estero e cosa puoi fare per semplificare le operazioni previste in materia di rappresentanza fiscale.
Rappresentante fiscale: i benefici della rappresentanza estera
La rappresentanza fiscale consente di beneficiare di numerosi vantaggi.
Chi sceglie di farsi rappresentare fiscalmente da un soggetto terzo, in un territorio diverso dal paese in cui sussiste la residenza aziendale, ha l’opportunità di liberarsi di numerosi oneri, primo tra tutti quello di dover inviare una persona interna nei territori esteri interessati.
Chi è il rappresentante fiscale?
Un soggetto terzo che per conto di una o più aziende funge da mandatario fiscale nel territorio estero d’interesse e che, per conto delle entità rappresentate, adempie a tutti gli obblighi fiscali richiesti dalla normativa vigente.
Spetta al rappresentante fiscale nominato: il versamento periodico dell’iva, l’emissione e la registrazione delle fatture sia attive che passive, presentare la dichiarazione dei redditi annuale e presenziare in ogni occasione richiesta dalle autorità preposte al controllo.
Nomina del rappresentante fiscale: quando è richiesta?
La nomina del rappresentante fiscale è necessaria al fine di adempiere agli obblighi fiscali previsti dalle leggi comunitarie e nazionali a seguito di precise operazioni commerciali, quali:
- Cessioni intracomunitarie di beni e/o servizi
- Vendite intracomunitarie in regime di consignment stock
- Vendita di prodotti online
Ricorda: il rappresentante fiscale subentra in assenza di una stabile organizzazione o di identificazione diretta.
Cessioni intracomunitarie: quando bisogna nominare un rappresentante fiscale
La cessione intracomunitaria individua la vendita di un bene e/o di un servizio che avviene tra due soggetti residenti in Stati diversi membri dell’Unione Europea. Tali operazioni commerciali sono coperte dal regime di non imponibilità iva se si manifestano alcune condizioni:
- Le controparti sono soggetti passivi ai fini iva
- Onerosità dell’operazione
- Trasferimento fisico del bene dallo Stato del venditore a quello dell’acquirente
L’iva dovuta viene integrata dall’acquirente secondo il meccanismo del reverse charge nel suo paese di appartenenza, dunque nel paese in cui il bene viene consegnato.
Il riconoscimento del regime di non imponibilità iva deve essere provato attraverso la produzione di specifici documenti, quali:
- Atto di compravendita o documenti di assenso degli impegni assunti dalle parti
- Fatture emesse nei confronti dell’acquirente UE
- Documentazione bancaria per testimoniare gli avvenuti pagamenti
- Documento di trasporto CRM firmato dal trasportatore per presa del carico e dal destinatario per ricevuta
Diversamente, se la cessione intracomunitaria avviene tra soggetti non commerciali e comporta il superamento delle soglie nazionali previste nei paesi membri UE o in caso di scelta volontaria, l’operazione di vendita avviene nel regime di imponibilità.
Pertanto, al fine di rispettare gli obblighi fiscali previsti dalle norme comunitarie e nazionali e per evitare sanzioni, il venditore deve necessariamente nominare un rappresentante fiscale o procedere all’identificazione diretta.
Questo regime viene rispettato anche in caso di vendita di prodotti a seguito di fiere o manifestazioni che hanno avuto luogo in un paese comunitario.
La nomina del rappresentante fiscale è prevista anche nelle operazioni in regime di consignment stock. Si tratta della vendita di beni tra due soggetti passivi residenti in Stati membri UE differenti in cui si manifesta il passaggio fisico del bene dal soggetto venditore al deposito dell’acquirente.
Il titolo di proprietà del bene passa all’acquirente solo quando questo preleva fisicamente il bene dal deposito. Segue quest’azione anche la determinazione del momento d’imposizione fiscale.
Infatti, se la normativa vigente nel paese di destinazione del bene lo prevede, il venditore dovrà aprire una posizione fiscale locale attraverso l’identificazione diretta o la nomina di un rappresentante fiscale.
Europa e UK: quali sono i maggiori partner del commercio italiano?
Germania, Francia, Austria, Spagna e Repubblica Ceca sono tra i partner commerciali europei maggiormente scelti dai commercianti italiani.
L’Unione Europea, con un PIL pari a circa 15.000 miliardi di euro annui svolge un ruolo centrale nel sistema commerciale mondiale. Grazie all’apertura dei mercati europei e ad un aggiornamento normativo costante per la regolarizzazione degli scambi commerciali, le aziende italiane hanno l’opportunità di contare su validi partner commerciali europei; dai più conosciuti Francia, Germania e Austria a quelli che pian piano hanno saputo farsi strada come la Repubblica Ceca.
Coloro che intendono espandere il loro business in Europa devono necessariamente confrontarsi con società esperte in fiscalità internazionale al fine di evitare sanzioni e prendere solo il meglio dal rapporto commerciale con gli altri paesi membri.
Lo stesso viene consigliato alle aziende italiane che nutrono interessi commerciali nei confronti dell’Inghilterra.
Con l’uscita della Gran Bretagna dall’UE, a seguito della Brexit – ciò che un tempo erano cessioni intracomunitarie che godevano del regime di non imponibilità iva, oggi sono esportazioni o importazioni che richiedono il versamento dell’iva dovuta in UK.
Per farlo le aziende devono: aprire una posizione fiscale in loco, acquisire un codice EORI e produrre le dichiarazioni doganali di importazione o di esportazione.
Vendite online e marketplace: i limiti imposti dai paesi europei
Vendere tramite marketplace significa utilizzare una piattaforma elettronica per la vendita dei propri prodotti. C’è chi è interessato a farlo solo per vendere i propri prodotti in Italia e chi vuole estendere il proprio range di guadagno e rendere disponibili i beni anche al pubblico europeo.
La vendita di prodotti online in Europa comporta l’adeguamento a precise soglie di fatturato fissate da ogni singola nazione, oltre le quali bisogna nominare un rappresentante fiscale per evitare problemi con le autorità fiscali locali.
Coloro che intendono avviare questo tipo di attività o che già se ne occupano devono prestare molta attenzione alle norme imposte dai singoli paesi, specie per la documentazione che viene richiesta.
Vendi online in Germania? Ecco cosa devi fare per evitare sanzioni
Il 1° gennaio 2019 la Germania ha approvato una norma volta alla limitazione delle frodi fiscali derivate dal commercio online.
Questa impone ai marketplace la consegna e la conservazione del certificato fiscale tedesco per i soggetti venditori abilitati alla vendita dei propri prodotti in Germania. I marketplace che non hanno rispettato questo vincolo rischiano di risponderne direttamente.
Di conseguenza cosa pretendono i marketplace? Amazon, Ebay e altre piattaforme elettroniche hanno imposto ai venditori l’invio del certificato fiscale tedesco; chi non l’ha fatto entro il 1° ottobre 2019 rischia la sospensione dell’account di vendita .de. o ha già subito la sospensione.
Per acquisire il certificato fiscale tedesco bisogna registrare la propria attività nel registro dell’autorità fiscale tedesca.
Tutto questo può essere facilitato dalla nomina del rappresentante fiscale.
Cessione di beni in Francia: online sì, ma con la documentazione richiesta
Una norma simile a quella imposta in Germania, circa le vendite online tramite marketplace, è in vigore anche in Francia.
Dal 1° gennaio 2020 – a seguito dell’entrata in vigore della Legge Antifrode – le piattaforme elettroniche sono ritenute direttamente responsabili per la mancata detenzione delle informazioni dei venditori abilitati.
Quali sono queste informazioni? Nome o ragione sociale dell’azienda, indirizzo mail e numero della partita iva francese. Anche in questo caso, le piattaforme elettroniche impongono ai venditori con un account di vendita .fr un vincolo temporale oltre il quale si potrebbe rischiare anche la sospensione dell’account.
Rappresentante fiscale in Svizzera: quando bisogna nominarlo?
Dal 1° gennaio 2018 la Svizzera adotta nuove disposizioni in materia di iva che interessano anche le aziende estere.
Si tratta dell’entrata in vigore del documento di modifica della Legge Fiscale svizzera presentato dall’Assemblea Federale Elvetica il 30 settembre 2016.
Con l’obiettivo di eliminare i vantaggi concorrenziali legati alle differenti aliquote iva di soggetti esteri e svizzeri, la nazione elvetica da gennaio 2018 prevede:
- La riduzione dell’aliquota iva dall’8% al 7,7%
- L’assoggettamento al versamento dell’iva svizzera a tutte le aziende che a seguito del raggiungimento e/o superamento della soglia di fatturato globale (frutto di operazioni conseguite sia all’estero che nel territorio svizzero) di 100.000 franchi svizzeri
Tutte le imprese estere sono chiamate ad osservare questa norma attraverso l’apertura di una posizione fiscale in Svizzera, frutto della nomina di un rappresentante fiscale o dell’identificazione diretta dell’azienda estera in suolo elvetico.
Chi è esentato?
- I soggetti che si occupano di operazioni in regime di non imponibilità iva, ad esempio: trattamenti, terapie, prestazioni per la cura del corpo, prestazioni di consulenza familiare, personale o coniugale, prestazioni sociali e di aiuto, prestazioni artistiche, culturali, scientifiche, sportive, ecc.
- Le imprese estere che esercitano in Svizzera prestazioni esenti dal versamento dell’iva – escluse quelle in materia di informatica o di telecomunicazioni destinati ai non contribuenti – e fornitura di energia elettrica in condotte di gas attraverso l’uso della rete di distribuzione e di riscaldamento a contribuenti del territorio svizzero
L’azienda che supera la soglia prevista dall’aggiornamento della legge fiscale svizzera e che non ha una sede stabile della propria azienda nel territorio elvetico deve aprire una posizione fiscale in Svizzera. Per farlo è necessario nominare un rappresentante fiscale o procedere all’identificazione fiscale.
Vendere in Australia con l’ABN
ABN sta per Australian Business Number, un numero identificativo che le aziende estere impegnate in operazioni commerciali con soggetti residenti in Australia devono possedere.
Dal 2000 l’Australia impone il versamento della GST, ossia la Good and Service Tax; una tassa facoltativa che diviene obbligatoria al superamento della soglia di fatturato annuale pari a 150.000 AUD per le entità no-profit e pari a 75.000 AUD per tutte le altre attività.
Per versare la GST bisogna registrare la propria attività presso l’Autorità fiscale australiana e acquisire un ABN. È possibile farlo nominando un mandatario o rappresentante fiscale che opera in loco per conto dell’impresa estera o effettuando l’identificazione diretta.
Ti occupi di vendite online in Australia? Contatta i nostri esperti in fiscalità internazionale perché spesso il versamento della GST per i commercianti che operano attraverso l’uso di un EDP – Electronic Distribution Platform – spetta a quest’ultimo e non al venditore.
Tecno Vat: efficienza, sicurezza e affidabilità
Grazie all’assistenza costante dei nostri esperti in fiscalità internazionale puoi dire addio alle seccature legate al rispetto delle norme comunitarie e nazionali.
Scegli se nominare un rappresentante fiscale o procedere con l’identificazione diretta della tua azienda e continua ad operare con i partner commerciali europei ed extraeuropei che preferisci.
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