Brexit con accordo: le conseguenze dell’uscita soft del Regno Unito
Rimborso Iva, vendite e acquisti di beni, prestazioni di servizi: ecco come comportarsi dopo la Brexit.
Il Regno Unito esce dall’Unione Europea e lo fa siglando un accordo all’ultimo minuto con la controparte. Come bisognerà comportarsi in tema di operazioni commerciali con il Regno Unito? Sarà ancora possibile recuperare l’Iva versata per spese effettuate nel territorio oltre Manica? Scopriamolo.
L’uscita “soft” del Regno Unito dall’Unione Europea
La sorte decisa dal referendum inglese di quattro anni e mezzo fa si è manifestata: il Regno Unito lascia l’UE. L’uscita teoricamente avvenuta il 1° gennaio 2020 ora è definitiva, in quanto anche il periodo transitorio – con scadenza 31 dicembre 2020 – è culminato.
Le parti hanno lavorato fino agli ultimi giorni possibili per scongiurare una hard brexit. Dunque, il 24 dicembre 2020 l’Unione Europea e il Regno Unito hanno siglato un accordo che evita l’imposizione dei dazi doganali – al fine di agevolare il transito delle merci – e trovano un punto di incontro su più importanti questioni.
L’accordo siglato potrà essere modificato in seguito da entrambe le parti firmatarie; intanto vediamo cosa cambia con l’abbandono del Regno Unito dell’unione doganale europea.
Effetto Brexit: stop ai rimborsi Iva per le spese nel Regno Unito
I soggetti passivi che finora hanno potuto esercitare il diritto al recupero Iva per le spese sostenute nel Regno Unito non potranno più accedere a questo beneficio.
In effetti, a partire dal 1° gennaio 2021 il Regno Unito diviene un territorio extra-UE. Pertanto, bisognerà attendere eventuali accordi bilaterali prima di poter nuovamente inoltrare una richiesta di rimborso Iva.
Intanto, le parti fanno sapere che i soggetti passivi interessati al recupero dell’Iva per le spese sostenute nel Regno Unito nel 2020 potranno farlo inoltrando una richiesta entro – e non oltre – il 31 marzo 2021.
Ricordiamo che, nel rispetto della direttiva 86/560 (la cosiddetta tredicesima direttiva), il diritto al recupero Iva versata per acquisti sostenuti in territori extra UE è previsto solo se tra i paesi interessati sussistono accordi di reciprocità/bilaterali. Finora, l’Italia ha accordi di questo tipo solo con Svizzera, Norvegia ed Israele.
Acquisti e vendite tra paesi membri UE e Regno Unito post Brexit
A partire dal 1° gennaio 2021 le cessioni di beni (vendite) che si verificano tra un paese membro UE e il Regno Unito non sono più operazioni intracomunitarie, bensì esportazioni. Lo stesso vale per gli acquisti che però si qualificano come importazioni.
Cambia pertanto anche la dicitura da inserire in fattura. La vendita effettuata entro il 31 dicembre 2020 sarà ancora identificata come “cessione intracomunitaria”; dopo questa data la dicitura da inserire sarà “non imponibile”.
L’acquisto di un bene verificatosi entro il 31 dicembre 2020 sarà trattato mediante il meccanismo del reverse charge (inversione contabile); dopo tale data bisognerà trattarla come un’importazione. Inoltre, grazie all’accordo del 24 dicembre, l’applicazione dei dazi sarà evitata, tranne in alcuni casi. In effetti, in caso di acquisti online da e-commerce inglesi è prevista l’applicazione di dazi solo su ordini superiori a 135 sterline (147 euro). La merce acquistata ad un costo minore sarà interessata dai soli controlli doganali.
Cambia anche il trattamento delle prestazioni di servizi da e verso il Regno Unito. Finora queste sono state trattate come operazioni intracomunitarie, sia in caso attivo (prestazione verso operatori del Regno Unito) sia in caso passivo (prestazione da operatori del Regno Unito).
Quindi, nel primo caso l’operatore italiano ha emesso la fattura e il ricevente britannico ha applicato il reverse charge.
Dal 2021 si cambia: le prestazioni fatte nei confronti di operatori britannici verranno fatturate ai sensi dell’art. 7, DPR 633/72, indicando in fattura la dicitura “operazione di prestazione di servizi non soggetta”.
Invece, in caso di prestazione di servizi passiva, ossia quando il soggetto italiano riceve una prestazione da un operatore britannico, si continuerà ad applicare il reverse charge per l’emissione della fattura, ma il ricevente non dovrà procedere all’integrazione.
Irlanda del Nord: come trattare le operazioni post Brexit
La Brexit non avrà effetti sull’Irlanda del Nord che continuerà a far parte del Regno Unito, ma anche del mercato comune europeo. Con questa decisione, presa già nel gennaio 2020, per l’Irlanda del Nord vige un regime speciale che sarà oggetto di consenso periodico dell’assemblea legislativa locale. Intanto bisognerà applicare le disposizioni presenti nel protocollo allegato all’accordo di recesso per i prossimi quattro anni.
Quali sono le disposizioni del protocollo?
- Le operazioni che prevedono un passaggio di beni tra UE e Irlanda del Nord sono da considerarsi quali operazioni intra-comunitarie; quelle tra l’UE e altre parti del Regno Unito sono invece importazioni o esportazioni;
- Per il versamento dell’Iva dovuta sulle vendite a distanza verso acquirenti residenti in Irlanda del Nord o in Stati membri UE, i soggetti passivi – stabiliti in paesi UE o in Irlanda del Nord – potranno usare il regime One Stop Shop, sia per i beni provenienti dal territorio irlandese sia per quelli provenienti dall’UE;
- I soggetti passivi che hanno versato l’Iva sugli acquisti sostenuti in Irlanda del Nord possono esercitare il diritto di rimborso Iva (e viceversa), così come avviene di solito per i paesi membri UE, e quindi nel rispetto dei presupposti della direttiva 2008/CE del Consiglio Europeo.
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